Ai fini IVA e delle imposte d’atto, la cessione di un fabbricato in corso di costruzione non è trattata come la cessione di un fabbricato ultimato. Inoltre, come confermato dalla Cassazione con la recente sentenza 11 aprile 2024 n. 9800, non si applica lo stesso trattamento impositivo alla cessione di fabbricati “in corso di costruzione” e “in corso di ristrutturazione”.
Si ricorda che, in presenza del presupposto soggettivo del tributo, per definire il regime IVA (esenzione o imponibilità) della cessione di un fabbricato è necessario fare riferimento all’art. 10 comma 1 nn. 8-bis e 8-ter del DPR 633/72, che distingue la casistica a seconda della classificazione catastale (abitativa o strumentale) del fabbricato, della qualifica (di impresa di costruzione o ristrutturazione) del cedente, del tempo trascorso tra ultimazione dell’intervento e vendita, oltre che della presenza dell’opzione per l’imponibilità. Ad esempio, la cessione di un fabbricato strumentale risulta: imponibile a IVA per obbligo, se effettuata dall’impresa di costruzione o ristrutturazione, entro 5 anni dalla data di ultimazione dell’intervento; imponibile a IVA, in presenza di opzione per l’imponibilità, se effettuata dall’impresa di costruzione o ristrutturazione oltre 5 anni dopo la fine dell’intervento o da soggetti diversi dall’impresa di costruzione; esente da IVA, in assenza di opzione per l’imponibilità, se effettuata dall’impresa di costruzione o ristrutturazione oltre 5 anni dopo la fine dell’intervento o da soggetti diversi dall’impresa di costruzione.
A sua volta, poi, l’art. 40 del DPR 131/86, nel definire il principio di alternatività IVA-registro, non tratta allo stesso modo tutte le cessioni di fabbricati imponibili o esenti da IVA, ma ne differenzia il regime, sicché, ad esempio, la cessione di un fabbricato abitativo esente da IVA ai sensi dell’art. 10 comma 1 n. 8-bis del DPR 633/72 sconta l’imposta di registro proporzionale, mentre la cessione di un fabbricato strumentale esente da IVA ai sensi dell’art. 10 comma 1 n. 8-ter del DPR 633/72 sconta l’imposta di registro fissa.
Inoltre, anche le imposte ipotecaria e catastale sono disciplinate diversamente a seconda del trattamento IVA del fabbricato ceduto: tali imposte sono dovute, rispettivamente nella misura del 3% e 1% per le cessioni di fabbricati strumentali di cui all’art. 10 comma 1 n. 8-ter del DPR 633/72 (anche se imponibili IVA, ex art. 1-bis della Tariffa, allegata al DPR 347/90), mentre si applicano in misura fissa di 50 euro ciascuna alle cessioni di fabbricati abitativi esenti da IVA (e soggetti a registro proporzionale).
Ancora diverso, è, poi, il caso dei fabbricati non ultimati. Secondo l’Agenzia delle Entrate (circ. n. 18/2013), le cessioni di fabbricati in corso di costruzione non vanno ricondotte all’art. 10 comma 1 nn. 8-bis e 8-ter del DPR 633/72 perché, trattandosi di beni ancora nel circuito produttivo, risultano comunque imponibili a IVA, a prescindere dalla natura del fabbricato che si sta edificando. Quindi, in tal caso le imposte di registro, ipotecaria e catastale trovano applicazione in misura fissa (200 euro), in virtù del generale principio di alternatività IVA-registro. La Suprema Corte ha, però, precisato che ricade comunque nell’esenzione IVA di cui all’art. 10 comma 1 n. 8-ter del DPR 633/72 la cessione di immobile non ultimato al “consumatore finale”, atteso che, in tal caso, l’immobile è già fuoriuscito dal circuito produttivo (Cass. n. 22138/2017), nonché la cessione dell’immobile non ultimato oggetto del contratto di leasing, posto che esso si pone al di fuori del circuito produttivo, essendo già effettivamente usato quale “bene strumentale” (Cass. n. 7908/2020).
Completa il quadro la sentenza n. 9800/2024, secondo cui il regime impositivo degli immobili “non ultimati” (imponibilità IVA e registro + ipocatastali fisse) non si applica ai fabbricati, a suo tempo edificati e accatastati e, poi, ristrutturati. La sentenza riguardava un contratto di compravendita avente a oggetto “un complesso immobiliare scolastico, catastalmente classificato in categoria B/5, in corso di ristrutturazione e destinato, al termine dei lavori, a cambio d’uso in residenziale”, che era dalle parti equiparato a un immobile non ultimato, applicando IVA ordinaria e imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. L’Agenzia delle Entrate richiedeva però le ipocatastali del 4% totale, rilevando che l’immobile era già stato a suo tempo ultimato e ora era “in corso di ristrutturazione”, sicché la cessione ricadeva nel n. 8-ter dell’art. 10.
La Cassazione accoglie la tesi dell’Agenzia (risalente alla circ. n. 12/2007, § 10), rilevando che un immobile a suo tempo costruito, ultimato e accatastato come B/5 e, poi, ristrutturato, non può essere assoggettato al trattamento dei beni “non ultimati”, anche se ceduto prima della fine della ristrutturazione, perché configura a tutti gli effetti un fabbricato strumentale, ricadente nel n. 8-ter. In breve, è il fatto che l’immobile sia ancora nel circuito produttivo a legittimarne l’esclusione dal n. 8-ter dell’art. 10 del DPR 633/72, non il fatto che siano ancora in corso lavori (di costruzione o ristrutturazione). In senso opposto si era a suo tempo espresso il Notariato nello Studio n. 88-2009/T.