Nel dibattito sulla Manovra 2026, l’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) propone una revisione del regime forfettario per chi cumula partita IVA e lavoro dipendente, con l’obiettivo di rendere la disciplina più stabile e coerente con la realtà dei lavoratori “ibridi”.
La novità principale ipotizzata consiste nel mantenere la possibilità di cumulo anche oltre i 35.000 euro di redditi da lavoro dipendente, applicando però una aliquota sostitutiva del 26% sulla parte eccedente, in luogo dell’attuale 15% (che resterebbe fino alla soglia).
L’idea si inserisce nel confronto politico sugli emendamenti alla Legge di Bilancio 2026, dove sono già in discussione scenari di aumento selettivo dell’imposta sostitutiva.
Attualmente, il regime forfettario – disciplinato dalla L. 190/2014 – prevede un’imposta del 15% (ridotta al 5% per le start-up nei primi 5 anni) e richiede che i redditi da lavoro dipendente non superino i 35.000 euro, limite fissato dalla Legge di Bilancio 2025 e confermato per il 2026.
Con la proposta INT, chi supera tale soglia non sarebbe più automaticamente escluso dal regime, ma pagherebbe un’aliquota più alta (26%) sulla quota eccedente, evitando così il passaggio all’IRPEF ordinaria e la perdita delle semplificazioni contabili.
Il meccanismo introdurrebbe una progressività interna al regime e ridurrebbe il “salto d’imposta” legato al superamento delle soglie, garantendo maggiore prevedibilità e stabilità ai lavoratori autonomi con redditi misti.
Restano invariati gli altri limiti: 85.000 euro di ricavi/compensi per l’accesso o la permanenza e decadenza immediata oltre i 100.000 euro, così come le aliquote del 5% e 15% per i contribuenti “puri”.
Tra i vantaggi, si segnalano la continuità del regime, minori oneri amministrativi e meno distorsioni nella pianificazione dei redditi; tra le criticità, restano da definire i coordinamenti con i profili previdenziali e con il Concordato preventivo biennale.
Resta da vedere se la proposta sarà accolta nel maxiemendamento del Governo alla Manovra 2026.