3 ottobre 2025 – Cassazione: deducibilità delle spese di rappresentanza per i professionisti

L’ordinanza n. 26553 della Cassazione, depositata ieri, chiarisce le regole per la deducibilità delle spese di rappresentanza nel reddito di lavoro autonomo.
Secondo i giudici, non basta la possibilità astratta di ricomprendere un bene tra le spese di rappresentanza: è necessario provare che le spese siano state sostenute con finalità promozionali o di pubbliche relazioni, e non per esigenze personali del professionista.
Le spese di rappresentanza, ai sensi dell’art. 54-septies TUIR, sono deducibili entro l’1% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta e comprendono anche: omaggi e beni destinati a essere ceduti gratuitamente; oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, anche se utilizzati nell’attività professionale.
L’ordinanza conferma che la deducibilità dipende dall’inerenza: le spese devono avere una connessione funzionale diretta o indiretta con la produzione del reddito professionale. La Cassazione richiama inoltre la prassi dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui: la spesa deve essere effettivamente sostenuta e documentata; deve rispettare criteri di ragionevolezza e di coerenza con le pratiche commerciali di settore; può includere beni o servizi erogati gratuitamente con finalità promozionali.
Nel caso esaminato, un professionista aveva dedotto spese per opere d’arte e premi scolastici senza dimostrarne la destinazione professionale. La Corte ha confermato la decadenza della deducibilità, evidenziando l’importanza di provare la finalità professionale degli esborsi.
In sostanza, per i professionisti, solo le spese effettivamente correlate all’attività e alla produzione del reddito possono essere considerate deducibili come spese di rappresentanza.