8 novembre 2023 – Governance collaborativa per la continuità e la sostenibilità dell’impresa

ll tema dell’adeguatezza degli assetti organizzativi (divenuto centrale a seguito della riformulazione dell’art. 2086 c.c. e della definitiva entrata in vigore del DLgs. 14/2019, in breve CCII), deve essere inquadrato in un più ampio contesto non solo normativo, ma anche culturale, sociale ed economico, in cui gli obblighi di organizzazione risultano finalizzati alla conservazione del valore patrimoniale, sociale, occupazionale ed erariale dell’azienda mediante l’adozione degli strumenti necessari per gestire tutti i rischi cui l’impresa è per sua natura soggetta, garantire la continuità aziendale e perseguire un successo sostenibile, nell’interesse di tutti gli stakeholder.
In questo contesto rilevano tre fattori di cambiamento, che hanno portato alla consapevolezza che, solo con la soddisfazione degli interessi degli stakeholder, l’imprenditore può tutelare il proprio interesse economico con la creazione e l’accrescimento del valore dell’azienda e la generazione di un reddito durevole.
Il primo fattore, influenzato dal diffondersi degli orientamenti in tema di responsabilità sociale dell’impresa, ha sovvertito l’originaria logica del profitto, spostando l’attenzione dalla tutela dello “shareholder value” a quello dello “stakeholder value”.
Ciò è avvenuto: in primis, con il DLgs. 231/2001, che ha introdotto un sistema sanzionatorio volto a colpire non solo i soggetti con poteri gestori, ma anche la società e il suo patrimonio; poi, con le disposizioni (culminate nell’art. 2086 c.c.) che hanno imposto l’obbligo di istituire un adeguato sistema di controllo di gestione, proporzionato alle dimensioni dell’azienda, volto a rilevare, monitorare e affrontare i rischi cui l’impresa è esposta; infine, con l’emanazione delle varie norme volte a promuovere il passaggio a economie improntate al perseguimento della sostenibilità, lungo i suoi tre pilastri rappresentati dall’acronimo ESG (Environmental, Social, Governance), come obiettivo da raggiungere per le organizzazioni pubbliche e private (in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile).
Il secondo fattore di cambiamento ha influenzato la concezione e la disciplina del modello organizzativo delle società di capitali, promuovendo il passaggio dalla visione competitiva a una visione collaborativa, in cui tutti gli attori (azionisti, manager e stakeholder) collaborano per il raggiungimento di obiettivi comuni.
Vanno in questa direzione le leggi (quali il DLgs. 58/1998, c.d. TUF, e il DLgs. 5/2003, di riforma del diritto societario), nonché le norme di soft law (quali i G20/OECD Principles of Corporate governance, il Codice di Corporate governance per le società quotate, il Regolamento CONSOB sulle operazioni con parti correlate, le Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate del CNDCEC), che hanno sancito i principi su cui costruire un modello di governance collaborativo/integrativo, volto a garantire la cooperazione e lo scambio di informazioni tra i soggetti con funzioni manageriali e di controllo.
Il terzo fattore è il processo che ha portato al passaggio dal vecchio sistema di “ordine imposto” a un nuovo sistema di “ordine negoziato”. Questo passaggio, segnato dal sempre più ampio ricorso a rimedi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie, è culminato con la composizione negoziata della crisi d’impresa (Capo I del DLgs 14/2019), strumento con un ruolo centrale nella gestione del rischio di crisi mediante il risanamento dell’azienda, al fine di preservare il valore dell’impresa come going concern.
Lo studio dei tre fattori consente di individuare nella “collaborazione” (imposta dagli obblighi di solidarietà sanciti all’art. 2 Cost. e dall’art. 2 del TFUE) il principio fondante del nuovo modo di fare impresa e nella “negoziazione collaborativa” lo strumento più efficace per gestire i rischi, prevenire e superare i conflitti (e le crisi) e garantire la continuità e sostenibilità dell’impresa.
La negoziazione collaborativa è anche lo strumento più efficace per gestire gli altri rischi cui l’impresa è
soggetta: i rischi di mercato (con la riconduzione a equità dei contratti d’impresa sbilanciati dagli shock economici); i rischi di contratto (negoziando e costruendo contratti “collaborativi” stabili e duraturi, a tutela della continuità aziendale); i rischi di governance e della conflittualità endosocietaria (adottando le più opportune clausole statutarie e parasociali e gestendo in modo collaborativo la dialettica degli organi collegiali).