Il Ddl. di bilancio 2026 vuole cambiare la tassazione dei dividendi rendendoli totalmente imponibili quando derivano da partecipazioni inferiori al 10% (forse 5%). Questa scelta, basata solo su una soglia percentuale, ha riaperto il dibattito perché rischia di colpire soprattutto i piccoli investimenti senza una reale giustificazione economica.
Gli emendamenti presentati vanno in direzioni diverse. Alcuni chiedono di eliminare del tutto la norma e mantenere l’esclusione attuale; altri propongono correttivi, come salvaguardare le partecipazioni almeno del 5%, quelle di valore non inferiore a 2,5 milioni, le PMI o le quote detenute da almeno due anni. Per le società quotate, alcuni interventi mantengono l’esclusione del 95%, mentre altri vorrebbero togliere queste partecipazioni dal nuovo regime.
Anche l’AIDC suggerisce di superare la logica della percentuale e di guardare piuttosto alla durata dell’investimento, ritenuta più coerente con il sistema.
Nel complesso emerge un nodo centrale: la soglia quantitativa crea una disparità difficile da giustificare, perché tassa di più i dividendi legati a piccole partecipazioni — già gravati dall’imposta societaria — senza che vi sia un’effettiva maggiore capacità contributiva. Ora resta da vedere quali emendamenti verranno accolti.