28 novembre 2024 – Riapertura dei termini a seguito di integrativa interpretata in modo restrittivo

La L. 190/2014 aveva previsto che, sia pure a certe condizioni, la presentazione di una dichiarazione integrativa riapre i termini di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento o della cartella di pagamento.
A oggi si registra un quadro giurisprudenziale abbastanza uniforme sul tema, che va nel senso di interpretare in modo restrittivo la riapertura dei termini.
Ciò è ovviamente condivisibile, considerato che le norme in tema di decadenza devono essere oggetto di stretta interpretazione. Spesso, come ben sanno gli operatori del settore, non è così, basti pensare al fatto che il raddoppio dei termini per violazioni penali, oggi non più in vigore, è stato oggetto della più ampia estensione interpretativa possibile, ritenendolo ammesso addirittura a danno degli eredi (Cass. 11 gennaio 2022 n. 493) o per il concorrente nella violazione (Cass. 3 agosto 2023 n. 23662).
Si ricorda come anticipato che, per effetto dell’art. 1 comma 640 della L. 190/2014, in caso di dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2 del DPR 322/98 o per ravvedimento operoso, i termini di decadenza delle cartelle di pagamento sono computati prendendo come riferimento la dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto di rettifica.
Se si tratta di avvisi di accertamento, la riapertura dei termini si verifica con riferimento “ai soli” elementi oggetto di integrazione. Il legislatore, all’evidenza, ha ritenuto che per gli avvisi di accertamento debba esserci una maggiore garanzia a favore del contribuente, onde evitare che, in sostanza, la sua intera posizione venga riaperta grazie all’integrativa.
I termini che possono essere riaperti sono da intendersi in senso tassativo: sono quelli in tema di accertamento (artt. 43 del DPR 600/73 e 57 del DPR 633/72) o per la cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione (art. 25 del DPR 602/73), non ad esempio quelli per la contestazione delle sanzioni (art. 20 del DLgs. 472/97).
In ogni caso, comunque, la dichiarazione integrativa non riapre i termini con riferimento all’intera posizione fiscale del contribuente.
Appare evidente che alcuno slittamento dei termini si verifica se l’integrativa ha inciso unicamente sul modello rilevante ai fini degli studi di settore senza intaccare i quadri reddituali, così come se il contribuente ha modificato la sola residenza anagrafica.
In egual misura, è scontato che se, quand’anche si tratti del “vecchio” modello UNICO, l’integrativa concerne l’IRES, nessuno slittamento può esserci per l’IVA.
Molto interessanti sono le seguenti casistiche, relative agli avvisi di accertamento. Per la giurisprudenza: se l’integrativa ha avuto a oggetto una fattura emessa nei confronti di un cliente ben individuato, l’accertamento nel maggior termine non potrà riguardare fatture emesse nei confronti di altri clienti (C.G.T. II Basilicata 24 settembre 2024 n. 325/2/24); se l’integrativa ha avuto a oggetto componenti negativi di reddito, l’accertamento nel maggior termine non potrà riguardare componenti positivi di reddito (C.G.T. II Napoli 27 aprile 2023 n. 2752/12/23).
Particolarmente rilevante si dimostra quest’ultima casistica: se l’integrativa riguarda i costi, la riapertura dei termini non potrà riguardare i ricavi o i compensi; se, volendo fare altri esempi, l’integrativa riguarda una certa categoria di redditi diversi, non potranno essere accertati nel termine maggiorato ulteriori redditi diversi, salvo ci sia una riqualificazione dei redditi oggetto dell’integrativa.
Sarà interessante appurare se verrà o meno confermata la tesi espressa dai giudici lucani, che hanno interpretato in modo molto rigoroso il concetto di “elementi” oggetto dell’integrativa. Tale interpretazione può essere condivisa, se si considera che il legislatore, nello specifico caso degli accertamenti, ha sentito la necessità di precisare che la riapertura dei termini si ha “per i soli” elementi oggetto di integrazione.