Negli ultimi anni sono state introdotte numerose leggi di rivalutazione monetaria, tra cui il DL 104/2020 (conv. L. 126/2020), particolarmente vantaggioso durante l’anno della pandemia.
Queste normative permettevano di ottenere la rilevanza fiscale dei maggiori valori patrimoniali attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva.
La rivalutazione di un’attività e il successivo versamento dell’imposta sostitutiva generano una riserva nel patrimonio netto non soggetta a tassazione (la cosiddetta riserva in sospensione d’imposta), salvo in caso di distribuzione della stessa ai soci.
In genere, le leggi di rivalutazione consentono l’affrancamento di questa riserva mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 10%.
Tuttavia, spesso si sceglie di rivalutare gli asset aziendali senza affrancare la riserva per contenere il costo fiscale.
In assenza di affrancamento, la distribuzione della riserva in sospensione comporta tassazione.
Se non si opta per l’affrancamento nel medesimo esercizio in cui si è applicata la legge di rivalutazione, tale possibilità non è più concessa negli esercizi successivi, salvo specifiche previsioni normative.
L’art. 14 del DLgs. 192/2024 ha riaperto, in via straordinaria, i termini per l’affrancamento dei saldi attivi di rivalutazione non affrancati: è ora possibile affrancare le riserve in sospensione d’imposta, a condizione che siano iscritte nel bilancio dell’esercizio al 31 dicembre 2023 e che permangano al 31 dicembre 2024.
L’affrancamento può essere totale o parziale, con un’imposta sostitutiva del 10%, la stessa prevista in caso di affrancamento legato a leggi di rivalutazione.
Il regime di sospensione d’imposta crea una differenza temporanea imponibile tra il valore contabile e quello fiscale della riserva, che richiede l’iscrizione di imposte differite al momento della rivalutazione (rilevazione iniziale).