Tra i tanti oneri detraibili per i quali è possibile beneficiare di un’agevolazione fiscale in dichiarazione dei redditi rientrano le spese che, ai sensi dell’art. 15 comma 1 lett. e-bis) del TUIR, sono sostenute per la frequenza scolastica dei figli e sono state pagate con modalità tracciabili ai sensi dell’art. 1 comma 679 della L. 160/2019.
Nei modelli dichiarativi che devono essere presentati quest’anno, relativi ai redditi 2023, dette spese devono essere indicate con il codice “12” nei righi da E8 a E10 del 730/2024 oppure nei righi da RP8 a RP13 del modello REDDITI PF 2024 e la loro indicazione consente di fruire della detrazione IRPEF del 19% su un importo massimo di spesa di 800 euro per ogni alunno o studente e deve essere ripartita tra gli aventi diritto.
L’agevolazione che compete ai sensi della citata lett. e-bis) spetta, in particolare, per le spese di frequenza: delle scuole dell’infanzia (scuole materne o “vecchi” asili); del primo ciclo di istruzione, cioè delle scuole primarie (“vecchie” elementari) e delle scuole secondarie di primo grado (“vecchie” medie); delle scuole secondarie di secondo grado (“vecchie” superiori).
La disciplina si applica sia alle scuole statali, che alle scuole paritarie private e degli enti locali, appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all’art. 1 della L. 10 marzo 2000 n. 62 (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 2 marzo 2016 n. 3, § 1.15).
A differenza dei corsi universitari all’estero che possono beneficiare dell’agevolazione prevista dalla lett. e) dell’art. 15 comma 1 del TUIR, quella riferibile alla lett. e-bis non spetta se la scuola è ubicata all’estero.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rientrano fra le spese detraibili della lett. e-bis) dell’art. 15 comma 1 del TUIR: le tasse (es. di iscrizione e di frequenza); i contributi obbligatori (es. spesa per la mensa scolastica, anche quando il servizio di mensa sia reso per il tramite del Comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola); i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica, diversi da quelli di cui alla successiva lett. i-octies); le spese sostenute per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto, il pre-scuola e il post-scuola; le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (es. corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza); le spese relative al servizio di trasporto scolastico (scuolabus).
Non sono detraibili, invece, le spese per la cancelleria e per i testi scolastici della scuola secondaria di primo e secondo grado (circ. Agenzia delle Entrate n. 3/2016, § 1.15).
In generale, al pari di tutte le detrazioni per oneri, l’agevolazione compete al genitore che sostiene le spese nell’interesse del figlio fiscalmente a carico e che sono rimaste a suo carico (non compete la detrazione per le spese che sono state rimborsate ad esempio dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 51 comma 2 lett. f-bis del TUIR. Cfr. le istruzioni alla compilazione del modello 730/2024).
Il documento che certifica la spesa deve essere intestato al contribuente o al figlio fiscalmente a carico; in quest’ultima ipotesi, le spese devono essere suddivise tra i due genitori nella misura in cui sono state effettivamente sostenute. Se i genitori intendono ripartire le spese in misura diversa dal 50%, la percentuale di ripartizione deve essere annotata nel documento.
Le citate istruzioni ministeriali, per altro, precisano che “Se uno dei due coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, l’intera spesa sostenuta può essere attribuita al coniuge non a carico” e che “più in generale, la detrazione spetta al contribuente che ha sostenuto la spesa nell’interesse dei familiari a carico anche nell’ipotesi in cui i documenti di spesa siano intestati ad un altro familiare anch’esso fiscalmente a carico del soggetto che ha sostenuto la spesa”, salvo casi particolari (di fatto, se il coniuge A risulta a carico del coniuge B, la detrazione spetta a B).
Si ricorda infine che, dal 1° gennaio 2020, agli oneri di cui alla lett. e-bis) in commento, si applicano le disposizioni introdotte dall’art. 1 comma 629 della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020) in relazione alla parametrazione al reddito complessivo (dall’anno 2024, quindi per le dichiarazioni dei redditi che saranno presentate nel 2025, si andrà ad aggiungere l’ulteriore riduzione della detrazione pari a 260 euro per i possessori di redditi superiori a 50.000 euro prevista dall’art. 2 comma 1 del DLgs. 30 dicembre 2023 n. 216).
Ne consegue che la detrazione IRPEF del 19% sull’importo massimo di 800 euro per figlio (per ogni figlio, quindi, la detrazione massima è pari a 152 euro) spetta: per l’intero importo della spesa sostenuta nel caso in cui il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro; per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo superi i 120.000 euro (la norma è stata introdotta dal comma 629 dell’art. 1 della L. 160/2019).
Se il reddito complessivo supera i 240.000 euro la detrazione non spetta.